Ringrazio
pubblicamente gli amici che mi hanno testimoniato interesse (oltre
che quel sentimento di considerazione del quale mi sento umanamente
gratificato e che ricambio); lo faccio pubblicamente, in linea con le
ragioni che mi hanno spinto a cercare il confronto attraverso questo
blog.
E,
a proposito di tale bisogno di confronto, ritengo utile rispondere
all’affermazione dell’amico Franco Zammuto, laddove lo stesso,
nel darmi il benvenuto, afferma testualmente: Credo in
internet come eccezionale veicolo di idee. Ma, sarò CONSERVATORE,
credo ancora nella politica dentro i partiti con incontri, scontri,
dibattiti e quant'altro.
È
proprio questa un’affermazione di Zammuto, alquanto stimolante, che
mi consente di esternare (sottoponendolo al confronto con gli
eventuali interessati) il mio punto di vista alla luce
dell’esperienza maturata nel tempo in ruoli diversi, da quello di
giovane studente ‘rivoluzionario’, a quello di segretario
comunale, di avvocato e a quello ultimo di amministratore pubblico.
Ho avuto modo di riflettere e ritenere (come si legge nel titolo di
un recente romanzo di Margaret Mazzantini) che nessuno si salva da
solo e che, in ragione della natura sociale dell’uomo, il gruppo è
la forza vitale che consente all’individuo di garantirsi anche una
risposta di taglio esistenziale.
Orbene
in politica, soprattutto in democrazia, il gruppo è rappresentato
soprattutto dal partito: ne sono abbastanza convinto, anche se, come
tanti, vivo le mie perplessità rispetto a tale organizzazione che,
al pari di qualsiasi altra struttura sociale, risente inevitabilmente
della profonda crisi di cui soffre attualmente l’intera nostra
società occidentale; mi domando, in particolare, se il partito oggi
sia ancora luogo – come afferma Franco – di <<incontri,
scontri, dibattiti e quant'altro>> (e dunque di formazione e di
crescita) o piuttosto semplicemente uno strumento di gestione del
potere.
Mi
auguro che presto si possa ritornare al ruolo vero del partito
politico (spazio democratico di incontro, non solo in fase
elettorale, tra soggetti accomunati da una medesima finalità
politica).
Ciò
premesso, mi pare opportuno chiarire che il mio desiderio di
confrontarmi con gli altri, in un rapporto di reciproco
arricchimento, trova una delle sue ragioni in quella sopravvenuta
comune esigenza di guardare direttamente all’interesse generale
della nostra società, al di là dei partiti.
Mi chiedo, infatti, se
la crisi socio-economico-esistenziale che ci attanaglia non coinvolga
tutti, compresi i partiti, e se non sia necessario, per la salvezza
della nostra democrazia (oggi affetta dal cancro della clientela che
sorregge il potere), rimediare all’eccesso di delega.
E
mi chiedo ancora: questa riflessione è possibile che avvenga oggi
all’interno dei partiti o è necessario cercare altri strumenti che
consentano, partendo dalla base, la libera circolazione delle idee,
alla ricerca di quella conferma che ti viene dall’altro, in un
rapporto finalmente alla pari?
Mi
sembra che internet stia sostituendo i vecchi luoghi di incontro e di
confronto. Certo non potrà, questo potente mezzo di comunicazione di
massa, sostituire l’incontro “de visu” tra soggetti interessati
alla conoscenza e alla crescita culturale; ma oggi, mi appare come
qualcosa di particolarmente interessante: le tue affermazioni -
inchiodate lì – consentono all’altro di riflettere e di
rispondere senza fretta, con il ritrovato gusto di chi avverte di non
essere semplicemente un recipiente vuoto che altri possono riempire a
loro piacimento.
Ed
è proprio con questo spirito che, qui, desidero esternare il
convincimento (maturato durante gli anni di impegno amministrativo)
che le cose più belle (a proposito dell’organizzazione pubblica
della vita sociale) sono quelle che implicano minore impegno
finanziario pubblico e maggiore coinvolgimento dei cittadini. Il
Comune, oltretutto, registrerebbe un calo rilevante di spesa corrente
se noi cittadini avvertissimo il dovere/piacere di non costruire più
abusivamente, di non sporcare gli spazi esterni, di ridurre la
produzione di rifiuti e di effettuare la raccolta differenziata di
quelli comunque prodotti, di non deturpare e/o danneggiare le
strutture comuni: tutto ciò dipende quasi esclusivamente da
ciascuno di noi, costa pochissimo a ciascuno di noi e costituisce
comportamento virtuoso dal quale deriverebbe (secondo calcoli che
sarebbero stati effettuati da addetti ai lavori) una riduzione della
spesa corrente, per servizi fondamentali, in misura non inferiore al
20/25%: …senza dire, d’altra parte, dell’effetto benefico sul
piano della crescita individuale e collettiva.
A
chi potrà pensare che questa mia affermazione sconta il limite della
inutile scoperta dell’acqua calda, mi permetto di far notare
(pensando al fascino della fiaba del re nudo) che la verità tante
volte è vicina a noi e noi non la vediamo.
Ignazio Cucchiara
Prima di tutto, mi scuserete se inizio con una frase fatta: complimenti per questa iniziativa:
RispondiEliminaper me ogni voce che offra spunti di riflessione non solo sulla politica Saccense, ma sulla politica e sulla società in generale è sempre la benvenuta.
Partiamo da un primo assunto, reso necessario dai tanti taliban che teorizzano una specie di "parlamento diffuso" residente su Internet: la democrazia deve essere rappresentativa.
Anche nell'Atene di Pericle oltre all'Agorà vi era un consiglio ristretto di qualche centinaio di uomini che si riunivano periodicamente per governare la città; se questo era necessario in una città di 100.000 abitanti, lo è molto di più per 60.000.000 di persone.
Detto questo, la rete rappresenta uno strumento insostituibile per lo scambio di idee ed informazioni e per esercitare il controllo sui comportamenti di chi ci governa: ultimo clamoroso esempio, Lombardo che conferisce una importante carica ad una persona in carcere: siamo curiosi di sapere come parteciperà alle riunioni.
Ma un rimedio all'eccesso di delega passa inevitabilmente da una profonda riforma della legge elettorale: quella attuale (Che temo faccia comodo quasi a tutti, nonostante i proclami) conferendo a pochissimi la facoltà di mandare in Parlamento chicchessia, di fatto fa dipendere i nominati non dagli elettori, ma da chi li mette in lista, costringendo gli elettori a votare fideisticamente questo o quel partito ed espropriandoli da ogni facoltà di controllo.