lunedì 11 marzo 2013

Tanto peggio, tanto meglio. Un'impostazione che forse soddisfa qualche frustrazione, ma che alla fine non paga. Di Massimo D'Antoni

Tanto peggio, tanto meglio. È l'impostazione culturale che, purtroppo, taluni protagonisti della vita pubblica oggi privilegiano. Da Roma a Palermo, da Bruxelles a Sciacca. È, d'altra parte, la via più semplice da perseguire. Quella che, rifuggendo da qualunque assunzione di responsabilità, si limita ad opporre un atteggiamento contestatore, talvolta però fine a se stesso. Quella impostazione che, oltretutto, garantisce (ahimé) un consenso a media gittata la quale, più o meno paradossalmente, soddisfa perfino frustrazioni personali più o meno latenti. Perché, purtroppo, chi ha problemi ne crea agli altri. Fin troppo facile affiancare questo ragionamento alla questione politica nazionale. Che, naturalmente, è tutt'altro che avulsa dalla realtà di ciascuno di noi. Il riferimento storico più noto rispetto a tale impostazione è: "muoia Sansone con tutti i Filistei". 
Il risultato elettorale conquistato dal Movimento Cinquestelle alle ultime elezioni politiche merita il massimo del rispetto. Anche perché questo si inquadra in un sistema politico che, negli ultimi anni, ha viaggiato a una velocità diversa dal sentire comune. Nel rispetto delle regole democratiche, dunque, il risultato del Movimento ha fornito la misura del dissenso rispetto a storture evidenti e ad errori pacchiani, che non possono essere stati causati dal destino cinico e baro, ma da decisioni assai poco strategiche finalizzate, per citare Alcide De Gasperi, ad autoconservare le proprie posizioni di potere, non certo a creare le condizioni per salvaguardare le generazioni future.
Ciò premesso, trovo personalmente preoccupante la deriva che colui che Eugenio Scalfari ha opportunamente definito come "il proprietario del Movimento Cinquestelle" Beppe Grillo sta dando al consenso raccolto. Se, infatti, su un piano squisitamente teorico e utilitaristico il rifiuto di ogni intesa politica possibile volta a formare un nuovo governo potrebbe anche essere giustificabile, su quello pratico e dell'opportunità storica francamente lascia perplessi. 
Non è accettabile, peraltro, il tentativo di ghettizzare forze democratiche regolarmente individuate con una dignità democratica non certo superiore, per l'amor di Dio, ma in ogni caso non inferiore a quella attribuita ai Parlamentari del Movimento Cinquestelle.
Beppe Grillo insiste nel puntare a sbancare. Ne ha il diritto. Ma corre un grosso rischio. Ci sarà pure, tra chi ha scelto il Movimento Cinquestelle, chi chiede qualcosa di più che puntare a stravincere e a umiliare gli avversari. Per esempio c'è chi non disdegnerebbe di dare un contributo a governare questo Paese. Che al momento non ha certamente bisogno di giochini politici. Perché alla fine l'impostazione del "tanto peggio, tanto meglio" non paga. E purtroppo chi la privilegia se ne accorge sempre troppo tardi. 
Massimo D'Antoni

domenica 3 marzo 2013

LA FORZA PROPULSIVA DELL’INDIGNAZIONE. di Salvino Roberto



La notizia risale a qualche tempo fa, ma offre nuovi spunti di riflessione.
Il video che mostra il prefetto di Napoli tacitare l’intervento di don Patriciello, parroco di Caivano, è l’ennesima prova della realtà che supera la fantasia.
La scena vede contrapposti un uomo di chiesa ad un (così detto) uomo delle istituzioni. Il primo rivendica chiarimenti in merito all’inquinamento da amianto che interessa una località già fortemente travagliata da degrado, disoccupazione e camorra; il secondo  si lancia in una filippica incalzante ed appassionata sul modo col quale rivolgersi ad un prefetto (quello di Caserta): non signora, ma “Signor Prefetto”!  La denuncia di una realtà problematica si infrange contro un muro di formalismi vuoti ed ampollosi.
 Anche se non sempre in maniera così abnorme, a volte ci si sente poca cosa di fronte ai complicati ingranaggi della macchina burocratica.  
Mi viene in mente l’uomo di campagna che Kafka immagina davanti alla legge, davanti ad una porta aperta e apparentemente accessibile a tutti eppure resa invalicabile dagli incomprensibili divieti di un guardiano. L’esito è assurdo ed inquietante:
«Tutti si sforzano di arrivare alla legge,» dice l'uomo, «e come mai allora nessuno in tanti anni, all'infuori di me, ha chiesto di entrare?» Il guardiano si accorge che l'uomo è agli estremi e, per raggiungere il suo udito che già si spegne, gli urla: «Nessun altro poteva ottenere di entrare da questa porta, a te solo era riservato l'ingresso. E adesso vado e la chiudo».
Vicende come quella capitata a Napoli vanno sottolineate per ricordarci che sono le istituzioni ad essere al servizio del cittadino, non viceversa. Quanti gestiscono la cosa pubblica devono, poi, tenere in mente che il loro compito è preordinato alla realizzazione dei diritti dei cittadini, in nome dei principi costituzionali e di ogni altra prerogativa di una società degna di essere definita “civile”.
Di fronte a notizie del genere non resta che indignarsi,  ma di un’indignazione che si scopre motore di cambiamento e rinnovazione.
Questo scriveva lo scrittore e diplomatico francese Stéphane Hessel, ex partigiano nato a Berlino da genitori ebrei, morto proprio in questi giorni, autore del bestseller internazionale «Indignatevi!», che ispirò i movimenti di protesta di «Occupy» e degli «Indignati».
<<Il motivo di base della resistenza è stata  l’ indignazione. Noi, veterani dei movimenti di resistenza e delle forze combattenti della Francia libera, chiamiamo le giovani generazioni a far rivivere, trasmettere, l’eredità della Resistenza ed i suoi ideali. (…). Auguro a tutti voi, a ciascuno di voi di avere un vostro motivo di indignazione. È inestimabile. Quando qualcosa  vi indigna,  come  sono  stato  indignato dal nazismo, allora si diventa  militante, forte e impegnato. Si ricongiunge il flusso della storia e la grande corrente della storia deve continuare grazie a ognuno. E questa corrente va verso più giustizia, più libertà, ma non la libertà incontrollata della volpe nel pollaio>>.
 Salvino Roberto