domenica 3 marzo 2013

LA FORZA PROPULSIVA DELL’INDIGNAZIONE. di Salvino Roberto



La notizia risale a qualche tempo fa, ma offre nuovi spunti di riflessione.
Il video che mostra il prefetto di Napoli tacitare l’intervento di don Patriciello, parroco di Caivano, è l’ennesima prova della realtà che supera la fantasia.
La scena vede contrapposti un uomo di chiesa ad un (così detto) uomo delle istituzioni. Il primo rivendica chiarimenti in merito all’inquinamento da amianto che interessa una località già fortemente travagliata da degrado, disoccupazione e camorra; il secondo  si lancia in una filippica incalzante ed appassionata sul modo col quale rivolgersi ad un prefetto (quello di Caserta): non signora, ma “Signor Prefetto”!  La denuncia di una realtà problematica si infrange contro un muro di formalismi vuoti ed ampollosi.
 Anche se non sempre in maniera così abnorme, a volte ci si sente poca cosa di fronte ai complicati ingranaggi della macchina burocratica.  
Mi viene in mente l’uomo di campagna che Kafka immagina davanti alla legge, davanti ad una porta aperta e apparentemente accessibile a tutti eppure resa invalicabile dagli incomprensibili divieti di un guardiano. L’esito è assurdo ed inquietante:
«Tutti si sforzano di arrivare alla legge,» dice l'uomo, «e come mai allora nessuno in tanti anni, all'infuori di me, ha chiesto di entrare?» Il guardiano si accorge che l'uomo è agli estremi e, per raggiungere il suo udito che già si spegne, gli urla: «Nessun altro poteva ottenere di entrare da questa porta, a te solo era riservato l'ingresso. E adesso vado e la chiudo».
Vicende come quella capitata a Napoli vanno sottolineate per ricordarci che sono le istituzioni ad essere al servizio del cittadino, non viceversa. Quanti gestiscono la cosa pubblica devono, poi, tenere in mente che il loro compito è preordinato alla realizzazione dei diritti dei cittadini, in nome dei principi costituzionali e di ogni altra prerogativa di una società degna di essere definita “civile”.
Di fronte a notizie del genere non resta che indignarsi,  ma di un’indignazione che si scopre motore di cambiamento e rinnovazione.
Questo scriveva lo scrittore e diplomatico francese Stéphane Hessel, ex partigiano nato a Berlino da genitori ebrei, morto proprio in questi giorni, autore del bestseller internazionale «Indignatevi!», che ispirò i movimenti di protesta di «Occupy» e degli «Indignati».
<<Il motivo di base della resistenza è stata  l’ indignazione. Noi, veterani dei movimenti di resistenza e delle forze combattenti della Francia libera, chiamiamo le giovani generazioni a far rivivere, trasmettere, l’eredità della Resistenza ed i suoi ideali. (…). Auguro a tutti voi, a ciascuno di voi di avere un vostro motivo di indignazione. È inestimabile. Quando qualcosa  vi indigna,  come  sono  stato  indignato dal nazismo, allora si diventa  militante, forte e impegnato. Si ricongiunge il flusso della storia e la grande corrente della storia deve continuare grazie a ognuno. E questa corrente va verso più giustizia, più libertà, ma non la libertà incontrollata della volpe nel pollaio>>.
 Salvino Roberto

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