venerdì 12 aprile 2013

Sambuca di Sicilia ha dimenticato l'On. Nino Giacone



GIACONE
La memoria storica è un patrimonio al quale, sempre più spesso, qualcuno decide di rinunciare. E se non si tratta di scelte consapevoli, certe distrazioni sono quanto meno imperdonabili.
Succede che il comune di Sambuca di Sicilia abbia messo colpevolmente da parte la figura e l’opera di un padre nobile di quel territorio: l’onorevole Nino Giacone.
Deputato nazionale comunista nella seconda legislatura (1953-1958), Giacone era nato a Sambuca Di Sicilia il 25 ottobre 1914, dove è deceduto il 19 novembre 1998.
Nel 2005 l’amministrazione comunale di Sambuca, presieduta dall’attuale sindaco Martino Maggio, approvò un atto di giunta con il quale propose di intitolare una via cittadina proprio a Nino Giacone. Ma non erano ancora passati dieci anni dalla sua morte e, dunque, la prefettura non poté autorizzare questa richiesta.
È la legge che stabilisce questo. I dieci anni nel frattempo sono decorsi nel 2008. Tuttavia da allora non si è mosso più nulla. Non è stata reiterata la proposta in questione, non è stato ripreso un progetto culturale che valorizzasse, per come questa meritava, la figura e l’opera di Nino Giacone. Un fatto strano, che non ha alcuna giustificazione. Perché se Giacone lo meritava nel 2005, evidentemete continua a meritarlo ancora.
A beneficio dei più giovani è opportuno ricordare qualche frammento della vita di Nino Giacone. Iscritto al PCI nel periodo in cui il fascismo aveva dichiarato i partiti fuorilegge, fu sindaco di Sambuca, consigliere provinciale, deputato al parlamento, segretario della Federazione comunista di Sciacca. Città, quella di Sciacca, dove fu consigliere comunale e vicesindaco. Fu anche protagonista della cooperativa agricola la Madre Terra ed amministratore dell’ospedale di Sciacca. Una pesona perbene, un protagonista della vita politica sambucese, agrigentina, siciliana e nazionale. Una figura che non può essere messa da parte. Apprezzato dalla gente ma anche dagli stessi avversari politici, non può certamente essere dimenticato dai suoi concittadini (oltre che, speriamo di no, dagli stessi compagni).  L’iniziativa della intitolazione di una via a Nino Giacone a Sambuca (ma oseremmo proporre anche a Sciacca) va dunque recuperata immediatamente.

lunedì 11 marzo 2013

Tanto peggio, tanto meglio. Un'impostazione che forse soddisfa qualche frustrazione, ma che alla fine non paga. Di Massimo D'Antoni

Tanto peggio, tanto meglio. È l'impostazione culturale che, purtroppo, taluni protagonisti della vita pubblica oggi privilegiano. Da Roma a Palermo, da Bruxelles a Sciacca. È, d'altra parte, la via più semplice da perseguire. Quella che, rifuggendo da qualunque assunzione di responsabilità, si limita ad opporre un atteggiamento contestatore, talvolta però fine a se stesso. Quella impostazione che, oltretutto, garantisce (ahimé) un consenso a media gittata la quale, più o meno paradossalmente, soddisfa perfino frustrazioni personali più o meno latenti. Perché, purtroppo, chi ha problemi ne crea agli altri. Fin troppo facile affiancare questo ragionamento alla questione politica nazionale. Che, naturalmente, è tutt'altro che avulsa dalla realtà di ciascuno di noi. Il riferimento storico più noto rispetto a tale impostazione è: "muoia Sansone con tutti i Filistei". 
Il risultato elettorale conquistato dal Movimento Cinquestelle alle ultime elezioni politiche merita il massimo del rispetto. Anche perché questo si inquadra in un sistema politico che, negli ultimi anni, ha viaggiato a una velocità diversa dal sentire comune. Nel rispetto delle regole democratiche, dunque, il risultato del Movimento ha fornito la misura del dissenso rispetto a storture evidenti e ad errori pacchiani, che non possono essere stati causati dal destino cinico e baro, ma da decisioni assai poco strategiche finalizzate, per citare Alcide De Gasperi, ad autoconservare le proprie posizioni di potere, non certo a creare le condizioni per salvaguardare le generazioni future.
Ciò premesso, trovo personalmente preoccupante la deriva che colui che Eugenio Scalfari ha opportunamente definito come "il proprietario del Movimento Cinquestelle" Beppe Grillo sta dando al consenso raccolto. Se, infatti, su un piano squisitamente teorico e utilitaristico il rifiuto di ogni intesa politica possibile volta a formare un nuovo governo potrebbe anche essere giustificabile, su quello pratico e dell'opportunità storica francamente lascia perplessi. 
Non è accettabile, peraltro, il tentativo di ghettizzare forze democratiche regolarmente individuate con una dignità democratica non certo superiore, per l'amor di Dio, ma in ogni caso non inferiore a quella attribuita ai Parlamentari del Movimento Cinquestelle.
Beppe Grillo insiste nel puntare a sbancare. Ne ha il diritto. Ma corre un grosso rischio. Ci sarà pure, tra chi ha scelto il Movimento Cinquestelle, chi chiede qualcosa di più che puntare a stravincere e a umiliare gli avversari. Per esempio c'è chi non disdegnerebbe di dare un contributo a governare questo Paese. Che al momento non ha certamente bisogno di giochini politici. Perché alla fine l'impostazione del "tanto peggio, tanto meglio" non paga. E purtroppo chi la privilegia se ne accorge sempre troppo tardi. 
Massimo D'Antoni

domenica 3 marzo 2013

LA FORZA PROPULSIVA DELL’INDIGNAZIONE. di Salvino Roberto



La notizia risale a qualche tempo fa, ma offre nuovi spunti di riflessione.
Il video che mostra il prefetto di Napoli tacitare l’intervento di don Patriciello, parroco di Caivano, è l’ennesima prova della realtà che supera la fantasia.
La scena vede contrapposti un uomo di chiesa ad un (così detto) uomo delle istituzioni. Il primo rivendica chiarimenti in merito all’inquinamento da amianto che interessa una località già fortemente travagliata da degrado, disoccupazione e camorra; il secondo  si lancia in una filippica incalzante ed appassionata sul modo col quale rivolgersi ad un prefetto (quello di Caserta): non signora, ma “Signor Prefetto”!  La denuncia di una realtà problematica si infrange contro un muro di formalismi vuoti ed ampollosi.
 Anche se non sempre in maniera così abnorme, a volte ci si sente poca cosa di fronte ai complicati ingranaggi della macchina burocratica.  
Mi viene in mente l’uomo di campagna che Kafka immagina davanti alla legge, davanti ad una porta aperta e apparentemente accessibile a tutti eppure resa invalicabile dagli incomprensibili divieti di un guardiano. L’esito è assurdo ed inquietante:
«Tutti si sforzano di arrivare alla legge,» dice l'uomo, «e come mai allora nessuno in tanti anni, all'infuori di me, ha chiesto di entrare?» Il guardiano si accorge che l'uomo è agli estremi e, per raggiungere il suo udito che già si spegne, gli urla: «Nessun altro poteva ottenere di entrare da questa porta, a te solo era riservato l'ingresso. E adesso vado e la chiudo».
Vicende come quella capitata a Napoli vanno sottolineate per ricordarci che sono le istituzioni ad essere al servizio del cittadino, non viceversa. Quanti gestiscono la cosa pubblica devono, poi, tenere in mente che il loro compito è preordinato alla realizzazione dei diritti dei cittadini, in nome dei principi costituzionali e di ogni altra prerogativa di una società degna di essere definita “civile”.
Di fronte a notizie del genere non resta che indignarsi,  ma di un’indignazione che si scopre motore di cambiamento e rinnovazione.
Questo scriveva lo scrittore e diplomatico francese Stéphane Hessel, ex partigiano nato a Berlino da genitori ebrei, morto proprio in questi giorni, autore del bestseller internazionale «Indignatevi!», che ispirò i movimenti di protesta di «Occupy» e degli «Indignati».
<<Il motivo di base della resistenza è stata  l’ indignazione. Noi, veterani dei movimenti di resistenza e delle forze combattenti della Francia libera, chiamiamo le giovani generazioni a far rivivere, trasmettere, l’eredità della Resistenza ed i suoi ideali. (…). Auguro a tutti voi, a ciascuno di voi di avere un vostro motivo di indignazione. È inestimabile. Quando qualcosa  vi indigna,  come  sono  stato  indignato dal nazismo, allora si diventa  militante, forte e impegnato. Si ricongiunge il flusso della storia e la grande corrente della storia deve continuare grazie a ognuno. E questa corrente va verso più giustizia, più libertà, ma non la libertà incontrollata della volpe nel pollaio>>.
 Salvino Roberto

mercoledì 26 dicembre 2012

Perché voglio gridare che spero che il Comune di Sciacca non sfori il patto di stabilità? di Massimo D'Antoni

Citando François Mitterand, Ignazio Cucchiara su questo blog ci ricorda che prima di essere di destra o di sinistra, dovremmo privilegiare il nostro essere saccensi. Anche a costo di passare, ad occhi invero decisamente miopi, per chi si allontana dai propri ideali se non, addirittura, di convolare a nozze col "nemico". Non è, quello di Cucchiara, solo un consiglio, o un invito incentrato su quella dignità sciovinistica che il più delle volte, però, altro non ha fatto che indurre a derive populistiche, volte ad autoproclamare la nostra Sciacca un improbabile "ombelico del mondo". No, ciò che viene fuori, piuttosto, è un autentico "monito" a guardare (finalmente) oltre gli steccati. Quegli steccato che talvolta bloccano i possibili processi di crescita culturale, prima che economica. E allora: possiamo forse negare che c'è chi, sulla base di becere motivazioni utilitaristiche, spera che il Comune di Sciacca al 31 dicembre abbia nuovamente sforato il patto di stabilità? L'impostazione è tipica: tanto peggio, tanto meglio. Già, ma per chi? Dimenticare che sulla barca che affonda ci siamo anche noi, è da folli. Affrontiamo ancora meglio la questione. Qual è il problema che certa piccola politica si pone? Ovvio, quello di guardare con una certa preoccupazione ad un successo che, a sforamento evitato, l'attuale capo dell'amministrazione potrebbe incamerare fornendo al bilancio della sua attività, un elemento indiscutibilmente significativo, pur fonte di una condizione critica e, diciamocelo con franchezza, senza alternative possibili. Parsimonia, buona amministrazione, rinunce, sacrifici. Quelli imposti ai cittadini. Un'opposizione responsabile dovrebbe registrare con soddisfazione, per il bene comune (come usa dire) questo eventuale risultato. Nulla ci dice che così non farà. Personalmente mi auguro di assistere ad un dibattito dignitoso, dove le parti si confrontino con acume e senso di responsabilità. Smettendola di inseguire i fantasmi del passato. Ai nostri figli è il futuro, quello che interessa. 
Massimo D'Antoni
Twitter @dantonisciacca

giovedì 29 novembre 2012

Referendum per Sciacca Terme, Ignazio Cucchiara: «Gli errori del passato ci diano la carica per guardare avanti con ottimismo e maturità»




Di seguito pubblichiamo un commento di Ignazio Cucchiara sul post precedente di un lettore anonimo in merito al dibattito sul referendum per Sciacca Terme.

Gli uomini passano, le idee restano (Giovanni Falcone). …E le buone idee (come quella di cambiare il nome della nostra Città in ‘Sciacca Terme’) bisogna coltivarle fino in fondo: se così non fosse, finiremmo per darla vinta a chi pensa che, in questo nostro piccolo mondo di rassegnati, è facile fermare il progresso opponendo un qualsiasi ostacolo di qualsiasi natura.
Il referendum per dare alla nostra comunità il nuovo nome di ‘Sciacca Terme’ sarebbe un valore aggiunto per tutti noi, in termini di identità all’interno e di migliore immagine all’esterno.
Che importa se sia fallita l’iniziativa referendaria di un politico ‘scomodo’ di qualche anno fa? Anzi, è necessario superare e subito, a mio avviso, questo errore e guardare avanti con ottimismo.
Se ci limitassimo a lamentarci unicamente degli errori del passato, io, ad esempio, potrei denunciare non solo l’esito negativo del referendum del 2003, ma anche l’assunzione tardiva nel 1997 degli oltre 100 LSU (che gravano oggi, e da 15 anni, sul bilancio del Comune e non su quello della Regione) e la mancata approvazione nel 2002 della proposta di istituzione dell’imposta di soggiorno a Sciacca.
Se non fossero stati commessi questi errori (che hanno determinato una minore entrata nel tempo di non meno di 15/20 milioni) oggi ci troveremmo forse con meno debiti e con più ottimismo.
Ma gli errori del passato ci devono, viceversa, dare la carica per guardare avanti in una visione corretta della democrazia, che è fatta non di indolenti o di opportunisti, bensì di cittadini maturi che accettano spontaneamente le regole e collaborano per reprimerne le violazioni, lontani finalmente dal male peggiore del nostro tempo, la democrazia clientelare.
E in un momento di grave crisi come quello che stiamo vivendo, ritengo  che ciascuno di noi dovrebbe affermare (parafrasando una vecchia battuta di Francois Mitterand): “Io, prima di essere di sinistra, di centro o di destra, sono un cittadino di Sciacca, terra che ama e difende con tutto il cuore”. 
Ignazio Cucchiara

martedì 27 novembre 2012

I vostri contributi. "No alla riproposizione del referendum per Sciacca Terme". Si apra il dibattito.



Il Consigliere comunale Ambrogio è tornato alla carica col referendum per cambiare il nome di Sciacca in Sciacca-Terme.
Ancora? Il momento c'è stato e i saccensi, vuoi per indolenza, vuoi perché "bisognava" far fallire quell'iniziativa che si intestava ad un politico "scomodo", se lo sono lasciato sfuggire.
Riproporre l'idea quasi a volere rimediare all'errore di ieri non mi sembra una scelta tanto lucida: sa di tappo.
Qualcuno potrebbe affettuosamente suggerire ad Ambrogio un nuovo argomento per cui affannarsi? Facendogli magari notare che la città di Sciacca rischierebbe, senza volerlo, di finire a "striscia la notizia" o su qualche programma di Maurizio Crozza. Perché avrebbe il toponimo di Sciacca-Terme... senza avere più le terme.
E allo stato dei fatti quel rischio non appare tanto bizzarro.
Un lettore

mercoledì 3 ottobre 2012

Sciacca Repubblica delle banane? Il modello di riferimento per rivoluzionare la nostra presunta cultura arcaica? Ognuno di noi ce l'ha dentro di sé di Ignazio Cucchiara

Intervengo per dire la mia sul commento al contributo dell'ottimo Salvino Roberto dal titolo "L'importanza di essere esempi". Commento che qui riporto testualmente: 
«Sciacca: "Repubblica delle Banane". Il paese (perchè città non è) di "Lu Cannalivari" e di "Cu Arriva metti Liggi". Detto questo. Quale modello di riferimento può rivoluzionare la cultura arcaica di questo paese?» 
Bene, vorrei rispondere all'amico che ha lanciato questa provocazione, sicuramente interessante, al di là del tono apparentemente "tranciante". Lo faccio evidenziando che il modello di riferimento da lui invocato per rivoluzionare quella che a suo giudizio è la cultura arcaica della nostra Sciacca, é quello che lui stesso deve (ri)trovare dentro sé stesso. Che hanno gli altri più di lui?
In ogni caso, sono contento che il nostro blog susciti confronti culturali, che continueremo ad affrontare.
Ignazio Cucchiara

venerdì 28 settembre 2012

I vostri contributi. L'IMPORTANZA DI ESSERE ESEMPI di Salvino Roberto


Viviamo un periodo quanto meno delicato. Parole come “spread” e “recessione” sono prepotentemente entrate a far parte del linguaggio comune, gettando un’ombra inquietante sul futuro prossimo.
E allora tutti giù a lamentarsi, a criticare tutto e tutti, a minacciare (chi?) di andare via da questo Paese, ad esaltare le virtù di questo o quello stato, a dar sfogo ad ogni sorta di qualunquismo. 
E’ lecito indignarsi, ma è tuttavia necessario reagire per dimostrare, almeno, di esserci ancora, di essere ancora vivi.  A tale proposito, ci si aspetta la partecipazione di quanti, con la loro esperienza, hanno qualcosa da insegnare o una testimonianza da fornire con cognizione di causa affinché siano da stimolo a coloro che, invece, sono chiamati a fare i conti con questa damnosa hereditas: i giovani.
Occorre prendere spunto dalle parole di Sandro Pertini il quale affermava che “I giovani non hanno bisogno di sermoni, i giovani hanno bisogno di esempi di onestà, di coerenza e di altruismo” .
Esempi. Modelli da seguire, solchi destinati a diventare strade verso una nuova Primavera non solo economica, ma anche culturale e sociale. Rendere il proprio ruolo, professionale o politico, una testimonianza di impegno e di onestà. Diventare modelli emancipandosi dalla mera veste di indignati è uno dei modi di “fare la propria parte” senza la presunzione di essere eroi nè la sfortuna di diventare martiri. Se ognuno facesse qualcosa non ci sarebbe bisogno del sacrificio di taluni illuminati. E gli eroi è meglio averli in vita.
Don Pino Puglisi è stato un eroe. E un martire. Questo è uno dei suoi pensieri: “Le nostre iniziative e quelle dei volontari devono essere un segno. Non è qualcosa che può trasformare Brancaccio. Questa è un’illusione che non possiamo permetterci. E’ soltanto un segno per fornire altri modelli, soprattutto ai giovani. Lo facciamo per poter dire: dato che non c’è niente, noi vogliamo rimboccarci le maniche e costruire qualche cosa. E se ognuno fa qualcosa, allora si può fare molto”.
Siate modelli. Insegnate qualcosa. A riprova di quanto appena sostenuto, saluto con gioia questo spazio nel quale ho il privilegio di intervenire.
Salvino Roberto



martedì 11 settembre 2012

I vostri contributi/RENDIAMO SCIACCA LO SCRIGNO DEI NOSTRI DESIDERI di Cristina Genova


Riceviamo e volentieri pubblichiamo.  Sono saccense. Cioè: non lo sono di nascita. Lo sono, però, per scelta. Una scelta volontaria e consapevole, fattaundici anni fa, quando diedi a questa città una serie di responsabilità: una fra tutte, quella di accogliere le mie speranze per un futuro migliore. Allora vidi soltanto il mare, il sole e il calore di una città semplice, fatta a misura d’uomo e mi bastarono per amarla, per sceglierla. Dopo tutti questi anni, naturalmente, ho imparato a riconoscerne i difetti, ma anche a scoprirne e ad apprezzarne i pregi. Non voglio fare l’elenco delle cose che c’erano quando arrivai qui e che oggi non ci sono più, o l’elenco delle cose che mancano e che questa città potenzialmente potrebbe avere. Vorrei soltanto offrire uno spunto di riflessione a tutti i saccensi, a tutti quelli che come me amano Sciacca e la vorrebbero migliore. Vorrei che tutti riflettessero sulla connotazione da dare alla propria città: un parcheggio solitario dove abbandonare tutte le proprie istanze, in attesa che qualcun altro al posto nostro sia in grado di accoglierle, o un bellissimo scrigno dove custodire e curare amorevolmente i nostri desideri, lavorando giorno dopo giorno per realizzarli? A voi la scelta: io opto per la seconda.

Cristina Genova

sabato 11 agosto 2012

TRIBUNALE SALVO. E' L'INIZIO DELLA PRIMAVERA SACCENSE. ADESSO DIFENDIAMO ANCHE LE TERME di Ignazio Cucchiara

Il Tribunale è salvo. La notizia mi ha fatto provare una sensazione così bella, di gioia, di quella gioia che non provavo da tempo. L’idea della speranza, di una sorta di "Primavera saccense".
È un fatto, la salvezza del Tribunale di Sciacca, che appartiene a tutti e che segna, forse, una vera svolta nella storia della nostra città.
Certo, sarebbe stato bello se la scelta della salvezza del nostro Tribunale si fosse realizzata sull’onda della  vera partecipazione popolare e non solo delle rappresentanze locali di ordine diverso e degli addetti ai lavori (e, in particolare, di alcuni degli addetti ai lavori, animati di buona volontà e di autentica passione civile).
Ma non disperiamo. I giovani, a partire da quelli che (assieme alla varie associazioni e a diversi cittadini) hanno svolto un ruolo importante in questa partita del Tribunale, sapranno sollecitare  opportunamente la base sulla linea della vera sostanza della democrazia: la partecipazione diretta e responsabile di ciascuno, nessuno escluso.
Vogliamo provarci? Bene. Iniziamo con le nostre Terme? Io sono convinto che se i governanti avessero seriamente la sensazione che la base della nostra Comunità (e, in particolare, i giovani) facesse sul serio e insistesse finalmente per pretendere una gestione responsabile e seria delle nostre Terme, la questione si risolverebbe in pochi mesi.
Naturalmente, il problema dei problemi resta sempre quello di liberarci da quel tasso di mafiosità che, a quanto pare, ha costituito il motivo fondamentale della mancata soppressione del nostro Tribunale. Un problema questo di non facile soluzione, fino a quando non saremo riusciti a liberarci dalla mafiosità che è dentro ciascuno di noi, imparando a rispettare le regole ed a prendere le distanze dal vero male  della nostra società, la democrazia clientelare.